Licenza alimentare: cos’è e come si ottiene

Come si ottiene la licenza alimentare e a cosa serve.

Uno dei settori più sviluppati e radicati della nostra economia è quello alimentare. Si tratta di una filiera di vasta portata che coinvolge numerosi soggetti intermediari tra produttore e consumatore. Gli esercizi al dettaglio che fanno parte di questo ampio settore si possono dividere sostanzialmente in due grandi categorie:

  • vendita di generi alimentari;
  • attività di somministrazione di cibi e bevande.

Nella prima categoria rientrano gli esercizi che vendono prodotti agroalimentari confezionati e pronti all’uso, predisposti per la vendita secondo le norme igienico-sanitarie (per non essere classificati come rivenditori all’ingrosso, tali esercizi hanno sede in locali di estensione limitata a 250 metri quadri); nella seconda, invece, rientrano tutte quelle attività d’impresa – come ad esempio bar, ristoranti, pub, pizzerie e gastronomie artigianali – autorizzate a somministrare pietanze preparate all’interno dei locali dell’azienda. Per avviare un’attività di questo tipo è necessario essere in possesso di determinati requisiti (sia di natura morale che professionale) e, al contempo, produrre una specifica documentazione che include la cosiddetta “licenza alimentare“: vediamo di seguito di cosa si tratta e come si può ottenere.

• Cos’è la licenza alimentare

Per “licenza alimentare” in genere si intende l’autorizzazione necessaria all’esercizio di un’attività come quelle elencate in precedenza. Nello specifico, questa espressione ufficiosa e un po’ generica – che non trova alcun riscontro nell’ordinamento italiano – può essere usata per indicare:

  • l’autorizzazione rilasciata dal comune di competenza per l’inizio della propria attività commerciale; viene detta per lo più “licenza commerciale”;
  • la certificazione professionale che abilita all’esercizio della somministrazione di cibi e bevande (certificazione SAB).

Il primo documento rappresenta un requisito standard per iniziare un’attività  sul territorio comunale; il secondo, invece, è un attestato professionale da conseguire nel caso in cui il soggetto non abbia maturato i requisiti professionali adeguati allo svolgimento dell’attività di vendita o di somministrazione di cibi e pietanze.

Una licenza commerciale o professionale per attività da svolgere nel settore alimentare non va confusa con la certificazione HACCP: l’acronimo inglese identifica un piano strutturale che si basa su sette principi, elencati nella pagina di riferimento del sito ufficiale del Ministero della Salute; qui si legge come “l’obiettivo principale è istituire un sistema documentato con cui l’impresa sia in grado di dimostrare di aver operato in modo da minimizzare il rischio“. L’HACCP, a sua volta, non va confuso, con l’autocontrollo, che consiste in una responsabilizzazione di tutti gli operatori nello svolgimento dei propri compiti.

• A cosa serve

L’attestato professionale SAB fa parte della documentazione necessaria all’avvio di un’attività merceologica del settore agro-alimentare e della somministrazione di cibi e bevande; non è indispensabile per coloro i quali sono in possesso di specifici titoli di studio o requisiti professionali.

Nel caso in cui un imprenditore senza esperienza voglia intraprendere un’attività di impresa nel settore della ristorazione (o affini), la licenza alimentare conseguita dopo un corso SAB – del quale parleremo in maniera più diffusa nel paragrafo seguente – non ha soltanto una funzione burocratica. Il corso, infatti, fornisce la preparazione necessaria – sia teorica che pratica – ad intraprendere una nuova attività di questo tipo.

Dal punto di vista burocratico, invece, la certificazione professionale SAB integra la documentazione da produrre per intraprendere l’iter amministrativo che bisogna affrontare per poter avviare un esercizio di vendita al dettaglio o di somministrazione alimentare; nello specifico, gli adempimenti burocratici sono i seguenti:

  • Apertura di una partita IVA (personale o per una società);
  • Iscrizione del nuovo ente all’INPS;
  • Iscrizione all’INAIL;
  • Presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), ossia un modulo di autocertificazione da presentare al comune in cui avrà sede l’esercizio commerciale;
  • Presentazione della Comunicazione Unica, per via telematica, alla Camera di Commercio competente per il territorio;
  • Presentazione della licenza commerciale: va richiesta all’ufficio del Commercio del Comune di competenza ed è l’autorizzazione allo svolgimento di un’attività commerciale sul territorio comunale. Viene rilasciata se il richiedente è in possesso dei requisiti morali e personali necessari e spesso si associa ad autorizzazioni di carattere edilizio: viene rilasciata quando si accerta il rispetto delle norme comunali in materia di polizia pubblica;
  • Iscrizione al CONAI;
  • Ottenimento dell’autorizzazione ad esporre la propria insegna.

Il costo complessivo degli adempimento sopra descritti – pur variando a seconda del luogo di riferimento – oscilla tra i 4000 ed i 6000 euro, ai quali vanno ovviamente aggiunti i costi di gestione dei locali, la manodopera (stipendi e adempimenti previdenziali) e l’approvvigionamento delle materie prime. Molto importanti sono anche i costi relativi alle operazioni di manutenzione per assicurare gli standard di idoneità logistica ed igienico sanitaria dei locali in cui si svolgono le attività di vendita, trasformazione e/o somministrazione dei prodotti alimentari. Per richiedere assistenza in merito alla documentazione da presentare è possibile rivolgersi al SUAP, lo Sportello Unico delle Attività Produttive.

• Come si ottiene

In realtà, si è già accennato al fatto che non esiste un documento che sia ufficialmente denominato “licenza alimentare”; ciò nonostante, esistono autorizzazioni ufficiali corrispondenti, ben identificate dalle normative vigenti. Per gli imprenditori che si approcciavano a questo settore, fino al 1998 esisteva il REC (Registro Esercenti Commercio). Quest’ultimo è stato poi sostituito da un corso denominato SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande). Il corso, qualora frequentato con esito positivo, consente di ottenere un certificato che abilita all’esercizio di qualsiasi attività merceologica del settore alimentare; i corsi sono organizzati su base locale (possono essere competenza delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni o di altri enti privati ai quali possono essere appaltati). Le caratteristiche e la struttura del corso variano a seconda dell’ente che lo organizza ma, in genere, esso prevede cento ore di lezione e un esame finale (il costo medio si aggira tra i 600 e gli 800 euro): se superato con esito positivo, consente al candidato di ricevere l’attestato professionale SAB, rilasciato dalla Commissione regionale (o dall’ente che ha organizzato le lezioni).

Per quanto riguarda il contenuto delle lezioni che compongono i corsi di formazione, esso comprende in genere varie materie, che spaziano dalla disciplina legislativa di settore (norme nazionali e locali) a quella della previdenza sociale, passando per le norme igienico sanitarie, le tecniche di marketing e comunicazione, la promozione della propria attività, le prescrizioni riguardanti la sicurezza sul lavoro e, ovviamente, le tecniche di ristorazione.

Come già accennato, l’attestato SAB è necessario nel caso in cui manchino i requisiti professionali individuati dall’articolo 71 del decreto legislativo n. 59 del 2010:

  • esperienza di due anni, anche non continuativa, maturata nel corso del precedente quinquennio, nel settore alimentare o on attività di somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla preparazione o socio;
  • conseguimento di un titolo di studio (diploma di scuola superiore o laurea) in materie inerenti al commercio, alla preparazione od alla somministrazione degli alimenti;
  • essere già iscritto al REC (oggi abolito) oppure aver sostenuto con esito positivo il relativo esame.